Un aiuto ergogenico è qualsiasi tecnica di allenamento, dispositivo meccanico, pratica nutrizionale, metodo farmacologico o tecnica psicologica che può migliorare la capacità di prestazione dell’esercizio e/o migliorare gli adattamenti dell’allenamento . Ciò include aiuti che possono aiutare a preparare un individuo all’esercizio, migliorare l’efficienza dell’esercizio e/o migliorare il recupero dall’esercizio. Gli ausili ergogenici possono anche consentire a un individuo di tollerare un allenamento pesante in misura maggiore, aiutandolo a riprendersi più velocemente o aiutandolo a rimanere senza infortuni e/o in salute durante l’allenamento intenso. Sebbene questa definizione sembri piuttosto semplice, c’è un considerevole dibattito sul valore ergogenico di vari integratori alimentari. Alcuni specialisti della nutrizione sportiva considerano un integratore ergogeno solo se gli studi dimostrano che l’integratore migliora significativamente le prestazioni dell’esercizio (ad esempio, aiuta a correre più velocemente, a sollevare più peso e/o a svolgere più lavoro durante un determinato esercizio). D’altra parte, alcuni ritengono che se un integratore aiuta a preparare un atleta a svolgere o migliora il recupero dall’esercizio, ha il potenziale per migliorare gli adattamenti dell’allenamento e quindi dovrebbe essere considerato ergogenico. Secondo l’ISSN, si dovrebbe avere una visione più ampia del valore ergogenico degli integratori. Mentre siamo interessati a determinare gli effetti di miglioramento delle prestazioni di un integratore su una singola sessione di esercizio, ci rendiamo anche conto che uno degli obiettivi dell’allenamento è aiutare le persone a tollerare un grado maggiore di allenamento. Gli individui che si adattano meglio a livelli di allenamento elevati di solito sperimentano maggiori guadagni dall’allenamento nel tempo, il che può portare a prestazioni migliori. Di conseguenza, anche l’impiego di pratiche nutrizionali che aiutino a preparare le persone a svolgere e/o a migliorare il recupero dall’esercizio dovrebbe essere considerato ergogenico.
Una delle domande più comuni sollevate da atleti, genitori e professionisti in merito agli integratori alimentari riguarda il modo in cui vengono prodotti e la consapevolezza dei consumatori sulla qualità degli integratori. In un certo numero di casi, aziende rispettabili che sviluppano integratori alimentari hanno team di ricerca che perlustrano la letteratura medica e scientifica alla ricerca di nutrienti potenzialmente efficaci. Questi gruppi di ricerca partecipano spesso a riunioni scientifiche e rivedono gli ultimi brevetti, abstract di ricerca presentati a riunioni scientifiche e pubblicazioni di ricerca. Possono anche consultare i principali ricercatori per discutere idee sugli integratori alimentari che possono essere commercializzati. Le aziende leader investono nella ricerca di base sui nutrienti prima di sviluppare le loro formulazioni di integratori. Altri aspettano che la ricerca sia stata presentata in brevetti, abstract di ricerca o pubblicazioni prima di sviluppare formulazioni nutrizionali con il nutriente. Una volta che un nuovo nutriente o formulazione è stato identificato, il passo successivo è contattare i fornitori di ingredienti grezzi per vedere se il nutriente può essere ottenuto in una fonte altamente pura e/o se è conveniente. A volte, le aziende sviluppano e brevettano nuovi processi di lavorazione e purificazione perché il nutriente non è stato ancora estratto in forma pura o non è disponibile in grandi quantità. Rinomati produttori di materie prime conducono test approfonditi per esaminare la purezza delle loro materie prime. Se l’azienda sta lavorando su un nuovo ingrediente, spesso conduce studi di tossicità sul nuovo nutriente una volta identificata una fonte purificata. Avrebbero quindi compilato un dossier di sicurezza e lo avrebbero comunicato alla FDA come presentazione di un nuovo ingrediente dietetico, con la speranza che fosse consentita la vendita legale.
Quando viene progettata una formulazione in polvere, l’elenco degli ingredienti e delle materie prime viene in genere inviato a una casa di aromatizzazione e a un’azienda di confezionamento per identificare il modo migliore per aromatizzare e confezionare l’integratore. Nel settore della nutrizione, ci sono diverse case di aromi e aziende di confezionamento principali che producono un gran numero di integratori alimentari per le aziende di integratori alimentari. La maggior parte dei rinomati produttori di integratori alimentari sottopongono i loro impianti di produzione all’ispezione della FDA e aderiscono alle buone pratiche di fabbricazione (GMP), che rappresentano gli standard del settore per una buona produzione di integratori alimentari. Alcune aziende sottopongono i loro prodotti anche a test indipendenti da parte di società di terze parti per certificare che i loro prodotti soddisfino le dichiarazioni sull’etichetta. In america ad esempio, il servizio di certificazione di NSF include test dei prodotti, ispezioni GMP, monitoraggio continuo e uso del marchio NSF che indica che i prodotti sono conformi agli standard di ispezione e screening per i contaminanti. Più di recente, le aziende hanno sottoposto i loro prodotti a test da parte di società terze per verificare la presenza di sostanze vietate o indesiderate. Questi tipi di test aiutano a garantire che ogni lotto dell’integratore alimentare non contenga sostanze vietate dal Comitato olimpico internazionale o da altri organi di governo atletico . Sebbene i test di terze parti non garantiscano che un supplemento sia privo di sostanze vietate, la probabilità è molto inferiore (ad esempio, Banned Substances Control Group, Informed Choice, ecc.). Inoltre, i consumatori possono richiedere copie dei risultati di questi test. In base alla nostra esperienza, non vale la pena acquistare le aziende che non sono disposte a fornire copie dei risultati dei test.
Si raccomanda di passare attraverso un processo di valutazione della validità e del merito scientifico delle affermazioni fatte quando si valuta il valore ergogenico di un integratore/tecnica alimentare. Ciò può essere ottenuto esaminando la logica teorica alla base del supplemento/tecnica e determinando se esistono dati ben controllati che mostrano il funzionamento del supplemento/tecnica. Potrebbe valere la pena provare e/o raccomandare integratori basati su solide basi scientifiche con una ricerca diretta e di supporto che dimostri l’efficacia. Tuttavia, quelli basati su risultati scientifici non validi e/o dati scarsi o nulli a supporto del valore ergogenico dell’integratore/tecnica effettivo potrebbero non essere utili. Lo specialista in nutrizione sportiva dovrebbe essere una risorsa per aiutare i propri clienti a interpretare la ricerca scientifica e medica che può avere un impatto sul loro benessere e/o aiutarli ad allenarsi in modo più saggio ed efficace.
https://www.biossport.it/wp-content/uploads/2022/05/farmaci_cibo_interazioni.jpg5461084marco zanettihttps://www.biossport.it/wp-content/uploads/2021/11/BIOSSPORT-02-300x124.pngmarco zanetti2022-08-23 15:44:212022-08-23 15:44:24VALORE ERGOGENICO DI UN INTEGRATORE E RUOLO DEL NUTRIZIONISTA
L’International Society of Sports Nutrition (ISSN) fornisce una revisione obiettiva e critica relativa all’assunzione di proteine per individui sani e attivi. Sulla base dell’attuale letteratura disponibile, la posizione della Società è la seguente:
Uno stimolo acuto all’esercizio, in particolare l’esercizio di resistenza, e l’ingestione di proteine stimolano entrambi la sintesi proteica muscolare (MPS) e sono sinergici quando il consumo di proteine si verifica prima o dopo l’esercizio di resistenza.
Per la costruzione della massa muscolare e per il mantenimento della massa muscolare attraverso un bilancio proteico muscolare positivo, un apporto proteico giornaliero complessivo compreso tra 1,4 e 2,0 g di proteine/kg di peso corporeo/giorno (g/kg/giorno) è sufficiente per la maggior parte delle persone che fanno esercizio, un valore che rientra nell’intervallo di distribuzione accettabile dei macronutrienti pubblicato dall’Istituto di medicina per le proteine.
Ci sono nuove prove che suggeriscono che una maggiore assunzione di proteine (> 3,0 g/kg/giorno) può avere effetti positivi sulla composizione corporea in individui allenati con la resistenza (cioè, promuovere la perdita di massa grassa).
Le raccomandazioni riguardanti l’assunzione ottimale di proteine per porzione per gli atleti per massimizzare l’MPS sono contrastanti e dipendono dall’età e dai recenti stimoli dell’esercizio di resistenza. Le raccomandazioni generali sono 0,25 g di una proteina di alta qualità per kg di peso corporeo o una dose assoluta di 20-40 g.
Le dosi acute di proteine dovrebbero cercare di contenere 700-3000 mg di leucina e/o un contenuto relativo di leucina più elevato, oltre a una gamma equilibrata di aminoacidi essenziali (EAA).
Queste dosi proteiche dovrebbero idealmente essere distribuite uniformemente, ogni 3-4 h, durante il giorno.
Il periodo di tempo ottimale durante il quale ingerire proteine è probabilmente una questione di tolleranza individuale, poiché i benefici derivano dall’ingestione pre o post allenamento; tuttavia, l’effetto anabolico dell’esercizio è di lunga durata (almeno 24 ore), ma probabilmente diminuisce con l’aumentare del tempo dopo l’esercizio.
Sebbene sia possibile per le persone fisicamente attive ottenere il loro fabbisogno proteico giornaliero attraverso il consumo di cibi integrali, l’integrazione è un modo pratico per garantire l’assunzione di un’adeguata qualità e quantità di proteine, riducendo al minimo l’apporto calorico, in particolare per gli atleti che in genere completano elevati volumi di allenamento.
Le proteine rapidamente digerite che contengono elevate proporzioni di aminoacidi essenziali (EAA) e un’adeguata leucina, sono più efficaci nello stimolare la MPS.
Diversi tipi e qualità di proteine possono influenzare la biodisponibilità degli aminoacidi dopo l’integrazione proteica.
Gli atleti dovrebbero considerare di concentrarsi su fonti proteiche integrali che contengono tutti gli EAA (cioè, sono gli EAA che sono necessari per stimolare la MPS).
Gli atleti di resistenza dovrebbero concentrarsi sul raggiungimento di un’adeguata assunzione di carboidrati per promuovere prestazioni ottimali; l’aggiunta di proteine può aiutare a compensare il danno muscolare e favorire il recupero.
L’assunzione di proteine della caseina pre-sonno (30-40 g) fornisce un aumento della MPS durante la notte e del tasso metabolico senza influenzare la lipolisi.
Ralf Jäger, Chad M. Kerksick, Bill I. Campbell, Paul J. Cribb, Shawn D. Wells, Tim M. Skwiat, Martin Purpura, Tim N. Ziegenfuss, Arny A. Ferrando, Shawn M. Arent, Abbie E. Smith-Ryan, Jeffrey R. Stout, Paul J. Arciero, Michael J. Ormsbee, Lem W. Taylor, Colin D. Wilborn, Doug S. Kalman, Richard B. Kreider, Darryn S. Willoughby, Jay R. Hoffman, Jamie L. Krzykowski & Jose Antonio (2017) International Society of Sports Nutrition Position Stand: protein and exercise, Journal of the International Society of Sports Nutrition, 14:1, DOI: 10.1186/s12970-017-0177-8
https://www.biossport.it/wp-content/uploads/2022/08/carne-di-pollo.jpg6671000marco zanettihttps://www.biossport.it/wp-content/uploads/2021/11/BIOSSPORT-02-300x124.pngmarco zanetti2022-08-17 12:31:162022-08-17 12:31:18Posizione della ISSN sul consumo di proteine negli sport di fondo
la questione della idratazione negli sport di fondo e’ un problema affrontato periodicamente dai preparatori e dai nutrizionisti di squadre o atleti.
Questo studio mette a confronto runners che corrono meno di un ora con quelli che corrono piu di ora. Per coloro che corrono tempi brevi e inferiori all’ora e’ molto piu’ importante la dieta e la idratazione nei giorni precedenti e preallenamento, per coloro che corrono piu di un ora e’ anche fondamentale per evitare che la disidratazione superi il 2% del peso corporeo, la idratazione durante la prestazione.
Questo studio mette inoltre in evidenza che gli equilibri elettrolitici e la distribuzione dei liquidi nel corpo rilevabile con impedenziometria possono variare di molto tra individui. Essendo ogni atleta diverso in termini di produzione ormonale, temperatura corporea di base, gestione della temperatura interna, sudorazione e dieta. Una valutazione quindi personalizzata e’ importante soprattutto per i runner di lungo periodo.
https://www.biossport.it/wp-content/uploads/2022/08/water.jpg8001200marco zanettihttps://www.biossport.it/wp-content/uploads/2021/11/BIOSSPORT-02-300x124.pngmarco zanetti2022-08-04 11:22:312022-08-04 11:23:02IDRATAZIONE E SPORT DI FONDO
It is the position of the International Society of Sports Nutrition that the use of creatine as a nutritional supplement within established guidelines is safe, effective, and ethical. Despite lingering myths concerning creatine supplementation in conjunction with exercise, CM remains one of the most extensively studied, as well as effective, nutritional aids available to athletes. Hundreds of studies have shown the effectiveness of CM supplementation in improving anaerobic capacity, strength, and lean body mass in conjunction with training. In addition, CM has repeatedly been reported to be safe, as well as possibly beneficial in preventing injury. Finally, the future of creatine research looks bright in regard to the areas of transport mechanisms, improved muscle retention, as well as treatment of numerous clinical maladies via supplementation.
https://www.biossport.it/wp-content/uploads/2022/07/supplements.jpg183275marco zanettihttps://www.biossport.it/wp-content/uploads/2021/11/BIOSSPORT-02-300x124.pngmarco zanetti2022-07-06 12:45:562022-07-06 12:45:58Conclusion on Creatine use on sport by ISSN
I cambiamenti più comuni sono quelli riguardanti potassio, sodio, magnesio, ferro, calcio, zinco e rame. In effetti, alcuni farmaci possono aumentare l’escrezione di potassio e la ritenzione di sodio, o ridurre l’assorbimento o il rilascio di iodio, ridurre l’assorbimento di ferro e zinco e aumentare i livelli di rame.
L’ipopotassiemia è frequentemente associata ai diuretici (diuretici dell’ansa e tiazidici), stimolanti β-adrenergici o agenti lassativi, così come alcuni anticorpi monoclonali usati in oncologia. L’iperkaliemia può verificarsi anche durante la terapia con inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone , ACE-inibitori, bloccanti del recettore dell’angiotensina II (ARB), antagonisti del recettore dell’aldosterone, β-bloccanti, agenti antinfiammatori non steroidei (FANS), eparine , immunosoppressori (es. tacrolimus, ciclosporina), corticoidi minerali e glucocorticoidi, digossina
Un certo numero di farmaci può causare ipomagnesiemia [1]
I farmaci antibatterici, come le tetracicline, formano un complesso insolubile con cationi metallici; gli antiacidi abbassano il pH gastrico e causano una sottoregolazione del trasportatore intestinale attivo per il magnesio TRPM6, mentre i tiazidici e i diuretici dell’ansa impediscono il riassorbimento del magnesio a livello renale. Alcuni agenti antineoplastici (es. Cisplatino) e pillole anticoncezionali causano un aumento dell’escrezione renale di magnesio. Infine, anche gli inibitori della calcineurina e i leganti intestinali del fosfato a base di ferro sono associati all’ipomagnesiemia [2].
La carenza di ferro invece può essere dovuta a un ridotto assorbimento, causato principalmente da antibiotici come tetracicline e chinoloni e da farmaci antisecretori gastrici, ovvero antagonisti dei recettori PPI e H2. La secrezione acida gastrica, infatti, facilita l’assorbimento del ferro libero, consentendo la sua conversione nella forma ferrosa più assorbibile di quella ferrica; quindi, nel ridurre l’acidità gastrica, l’assorbimento alimentare di questo minerale è meno efficiente.
Una condizione di ipocalcemia può essere il risultato di quattro diverse condizioni : ipoparatiroidismo, ipovitaminosi D, agenti leganti il calcio o alterato riassorbimento osseo. I farmaci più spesso associati all’ipocalcemia sono i diuretici dell’ansa (per una maggiore escrezione di calcio), agenti chelanti (es. etilendiamminotetracetato, citrato, fosfato), farmaci antineoplastici (es. cisplatino, leucovorin, 5-fluorouracile, nab-paclitaxel, axitinib), bifosfati, calcitonina e denosumab (un anticorpo monoclonale usato per trattare l’osteoporosi).
– Gröber, U. Magnesium and Drugs. Int. J. Mol. Sci. 2019, 20, 2094
– Liamis, G.; Hoorn, E.J.; Florentin, M.; Milionis, H. An Overview of Diagnosis and Management of Drug-Induced Hypomagnesemia. Pharmacol. Res. Perspect. 2021, 9, e00829.
https://www.biossport.it/wp-content/uploads/2022/05/farmaci_cibo_interazioni.jpg5461084marco zanettihttps://www.biossport.it/wp-content/uploads/2021/11/BIOSSPORT-02-300x124.pngmarco zanetti2022-05-26 18:08:342022-05-26 18:08:35ALTERAZIONI MINERALI INDOTTE DA FARMACI
Con la scoperta del Dna e la sua decifrazione completa, si sono sviluppati negli anni delle scienze predittive che analizzano le mutazioni genetiche che portano a sviluppare malattie se non corrette, utili ad esempio in gravidanza, ma anche test di predizione che analizzano piccole mutazioni presenti su determinati geni che determinano una maggiore predisposizione a sviluppare malattie e che solo un comportamento corretto e una azione di prevenzione potrà prevenire
Attraverso test genetici specifici si possono quindi adottare indicazioni alimentari specifici atti a rallentare l’insorgenza di possibili patologie. Ovviamente non si tratta di certezze. A volte anche se ci sono predisposizioni specifiche non sappiamo in quanto tempo e se svilupperemo la patologia. Inoltre attuare delle indicazioni alimentari specifiche potrebbe aiutare per lo meno a fare la cosa giusta per noi
Oggi parliamo da un punto di vista genetico delle predisposizioni al sovrappeso e al diabete, due problemi metabolici spesso correlati tra loro
METABOLISMO INSULINA
Il diabete è una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) e dovuta a un’alterata quantità o funzione dell’insulina. L’insulina è l’ormone, prodotto dal pancreas, che consente al glucosio l’ingresso nelle cellule e il suo conseguente utilizzo come fonte energetica. Quando questo meccanismo è alterato, il glucosio si accumula nel circolo sanguigno.
Il polimorfismo TCF7L2 (rs7903146) è stato associato ad un aumentato rischio di diabete di tipo II. Questo polimorfismo è associato a ridotta secrezione insulinica in soggetti a rischio di diabete. L’aumentato rischio sarebbe dovuto alla disfunzione b-cellulare ed all’alterato metabolismo delle incretine. Infatti, il TCF7L2 è un fattore di trascrizione nucleare che, quando è attivato, è capace di influenzare la differenziazione cellulare e di aumentare la produzione endogena dell’ormone GLP-1. Presenza allele T: possibile aumentato rischio per diabete tipo 2.
Il gene PPARG codifica invece per un recettore del glitazone che si trova soprattutto nelle cellule adipose. L’attivazione di PPARG aumenta la sensibilità all’insulina ed è implicato anche nello sviluppo degli adipociti. La presenza dell’allele G è associata a possibile predisposizione all’aumento di peso e rischio per il diabete tipo 2.
CONTROLLO DEL PESO
L’obesità è una malattia multifattoriale che ha una predisposizione genetica ma che necessita di condizioni
ambientali, abitudini, per manifestarsi. Il gene FTO (gene obesità-associato) svolge un ruolo fondamentale nella regolazione del metabolismo lipidico e della lipolisi, cioè la capacità individuale di mobilizzare il grasso corporeo.
Numerosi studi hanno dimostrato come il polimorfismo rs9939609 moduli la suscettibilità all’accumulo di peso corporeo. La presenza dell’allele A è associata ad un possibile aumento del peso.
Il gene MC4R codifica per una proteina chiamata recettore per la melancortina-4. L’attivazione di questo recettore sopprime il senso della fame, quindi il suo deficit provoca: ingestione di cibo in eccesso già nel primo anno di vita, aumento dei livelli di insulina e della massa grassa. Nel merito l’allele C è più sfavorevole e predispone all’aumento di peso, infatti è stato dimostrato come i livelli di espressione di MC4R siano correlati con la distribuzione del grasso corporeo e la percentuale di assunzione di energia da carboidrati e grassi.
Il gene Leptin codifica per l’ormone proteico leptina che controlla il peso corporeo, regolando l’assunzione di cibo e dispendio di energia. La leptina è uno dei principali ormoni prodotti dal tessuto adiposo e agisce nella regolazione del bilancio delle risorse energetiche. La leptina arriva nel Sistema Nervoso Centrale (SNC) attraverso la barriera ematoencefalica mediante un meccanismo di trasporto mediato da specifici recettori. Questo segnale di natura ormonale ha lo scopo di informare il SNC sullo stato di riserve energetiche dell’individuo. Agisce regolando l’apporto alimentare attraverso l’inibizione della sintesi e del rilascio del neuropeptide Y (NPY) che stimola l’appetito. Presenza allele A (Leptin): possibile fattore di rischio cardiovascolare e tendenza all’obesità.
Il NPY, codificato dal omonimo gene, è un potente stimolatore dell’appetito ed ha uno spiccato effetto oressizzante. Tuttavia, livelli elevati di NPY possono provocare ipotensione, ipotermia e depressione dei centri respiratori. È inoltre in grado di provocare vasocostrizione delle arterie cerebrali. La localizzazione di NPY nell’ippocampo lo rende importante nei processi di apprendimento e memoria; in questa regione del cervello è capace di stimolare la proliferazione neuronale, ciò è in accordo con le sue proprietà antidepressive. Presenza allele C (NPY): possibile fattore di rischio cardiovascolare e predisposizione all’aumento di peso
Articolo scritto dalla Dott.ssa Cristiana Lo Nigro
Già Ippocrate, il padre della medicina, che visse 400 anni prima della nascita di Cristo, aveva ben compreso l’importanza dell’alimentazione per il nostro benessere psico-fisico, tanto da sostenere “Fa’ che il cibo sia la tua medicina e che la medicina sia il tuo cibo”.
Al giorno d’oggi non soltanto è noto quanto l’alimentazione influisca sullo sviluppo di numerose patologie multifattoriali (malattie cardiovascolari, diabete, tumori), ma si iniziano a conoscere anche le basi molecolari dell’influenza reciproca tra geni e dieta.
La variabilità genetica individuale influenza il modo in cui i nutrienti possono essere assimilati, metabolizzati, accumulati ed escreti: in poche parole, ciascuno risponde a modo suo alle molecole introdotte nell’organismo e, in generale, agli stili alimentari e di vita.
Lo studio delle interazioni tra nutrienti e composti della dieta con i comparti cellulari e le reazioni biochimiche viene approfondito mediante due nuove discipline della genetica e della biologia molecolare: la nutrigenetica (o genetica nutrizionale) e la nutrigenomica (o genomica nutrizionale).
La prima studia l’impatto della diversità genetica degli individui sul metabolismo dei nutrienti e dei composti introdotti con la dieta. Il DNA, che è proprio di ogni individuo, influenza la risposta dell’organismo ai vari alimenti e la conseguente ricaduta sulla salute.
La nutrigenomica studia il rapporto tra DNA e genoma, quindi l’impatto dei diversi elementi (macronutrienti, micronutrienti e composti bioattivi) introdotti con la dieta sul nostro genoma e cerca di comprendere quanto la dieta influenzi l’accensione o il silenziamento del messaggio contenuto nei geni.
A queste discipline recentemente si è aggiunta l’epigenetica nutrizionale che studia le interazioni tra i componenti della dieta e le modifiche dell’espressione genica che avvengono senza modifiche della sequenza del DNA.
Le vecchie conoscenze in ambito di alimentazione ritenevano che una stessa dieta producesse gli stessi effetti su tutti gli individui, ma già nel XX secolo iniziavano a essere individuati alcuni errori congeniti del metabolismo, tra cui la Fenilchetonuria, l’esempio più “classico” di patologia in ambito nutrigenetico.
La fenilchetonuria come altri difetti congeniti del metabolismo, quali la galattosemia, la tirosinemia, la malattia di Wilson, l’ipercolesterolemia familiare, sono condizioni rare e monogeniche, in cui sono le mutazioni di un singolo gene in un singolo individuo a determinare la malattia.
La situazione diventa complessa nelle patologie di tipo poligenico/multifattoriale, in cui la genetica contribuisce solo in parte all’espressione della malattia.
In patologie come l’obesità, il diabete, l’ipertensione, i tumori, ad esempio, il contributo delle varianti genetiche è ancora poco chiaro.
Tuttavia la ricerca in questi ambiti progredisce rapidamente e i recenti approcci mediante le tecnologie di nuova generazione hanno permesso di individuare varianti genetiche/genomiche associate allo sviluppo di determinate malattie o protettive nei confronti delle stesse, ma i dati finora sono ancora parziali e non conclusivi, nonostante gli ampi campioni di popolazione analizzati.
Da questi nuovi campi di studio si auspica che possano scaturire interventi di prevenzione e di cura atti a controllare alcune patologie cronico-degenerative determinate dalla cattiva interazione geni-alimenti, soprattutto mediante la modifica di comportamenti alimentari in alcuni momenti fondamentali della vita dell’individuo. Per esempio, secondo alcuni studi, i primi mille giorni, potrebbero permettere di intervenire in ambito di educazione alla nutrizione per prevenire patologie quali l’obesità infantile e la sindrome metabolica dell’adulto, mediante l’induzione di modifiche genetiche ed epigenetiche.
È ormai accertato che l’interazione di ciò che mangiamo con i nostri geni si ripercuote sul benessere e dal momento che l’interazione degli alimenti con l’organismo dipende dal DNA individuale, si deve tendere il più possibile ad una nutrizione personalizzata.
In ogni settore la personalizzazione delle cure, d’altra parte, è un obiettivo prioritario della medicina contemporanea.
Per concludere ricordiamo che la ricerca è estremamente attiva, con la finalità di rendere sempre più numerose le ricadute pratiche. A tal fine, è auspicabile la collaborazione tra nutrizionisti e laboratori di genetica, per fornire al professionista sanitario il profilo genetico del soggetto, in grado di guidare il consiglio alimentare più adatto per le sue esigenze di benessere e di mantenimento della salute a lungo termine.
https://www.biossport.it/wp-content/uploads/2022/05/invecchiamento-cellulare-dna-sana-cucina-italiana.jpg506900marco zanettihttps://www.biossport.it/wp-content/uploads/2021/11/BIOSSPORT-02-300x124.pngmarco zanetti2022-05-01 09:07:242022-05-01 09:07:25Dieta e genetica: nuove prospettive
While very low carbohydrate (ketogenic) diets are popular with those trying to lose weight, there are concerns that such diets may not support the desire for exercise. This hypothesis was investigated by a US research team at Arizona State University.
Untrained overweight adults were randomly assigned to a ketogenic diet or a control diet, which was higher in carbohydrates. Both diets were designed to promote weight loss and were consumed for 2 weeks. The macronutrient content of the diets was 5% energy from carbohydrate, 65% from fat and 30% from protein in the ketogenic diet. In the control diet, the respective figures were 40%, 30%, and 30% of energy. Exercise testing was carried out at baseline and at the end of the study.
Average weight loss was similar over the 2-week period for both groups. As expected, subjects following the ketogenic diet demonstrated a large build up of blood ketones, indicating that their bodies were burning fat. Having a high blood ketone level was significantly associated with greater perceived effort during exercise and an increased feeling of fatigue.
The authors concluded that very low carbohydrate ‘ketogenic’ diets could reduce the desire to exercise and, thus, be counter productive for weight management.
For more information, see White AM et al (2008). Blood ketones are directly related to fatigue and perceived effort during exercise in overweight adults adhering to low-carbohydrate diets for weight loss: A pilot study. Journal of the American Dietetic Association, Vol 107, pages 1792-96.
https://www.biossport.it/wp-content/uploads/2021/11/atletica_a4445c3e.jpeg287512marco zanettihttps://www.biossport.it/wp-content/uploads/2021/11/BIOSSPORT-02-300x124.pngmarco zanetti2022-04-25 10:31:352022-04-25 10:32:47Very low carb diets could be incompatible with exercise
“Nessuno di noi aveva più fame, ma è proprio questo il bello del momento dei dolci: tutta la loro raffinatezza si coglie solo quando non li mangiamo per placare la fame, solo quando l’orgia di dolcezza zuccherina non soddisfa un bisogno primario, ma ci ricopre il palato di tutta la benevolenza del mondo”.
da Estasi culinarie di Muriel Barbery
Le carote contengono beta-carotene (precursore della vitamina A) che protegge gli epiteli, cioè pelle, mucose e ghiandole ed è un potente antiossidante. Sono ricche di sali minerali tra i quali prevalgono calcio, ferro, fosforo, potassio, magnesio, manganese e zinco.
La carota cotta svolge un’azione lenitiva nei confronti dell’apparato digerente e regolarizza le funzioni intestinali.
ingredienti
400 grammi di carote,
3 uova,
200 grammi di zucchero,
300 grammi di farina (oppure farina di grano saraceno),
1 bicchiere di olio di semi, 1 bustina di lievito, un pizzico di sale.
preparazione
tritate le carote nel mixer e tenetele da parte.
Mescolate insieme uova, zucchero, poi aggiungete l’olio e
la farina unita al lievito e al sale.
Quando avrete ottenuto un impasto omogeneo mescolateci le carote.
Mettete il tutto in una tortiera foderata di carta forno
e cuocete in forno preriscaldato
a 180° per 20/25 minuti (dipende dal forno che avete). Vale la prova stecchino.
Decorate con zucchero a velo, o zucchero di canna.
Una volta cotta la torta, potete farcirla con marmellata di arance amare.
salto di qualità 80 gr di burro e uvetta
A
“Via la soia, niente fagioli azuki, basta col riso basmati. Gorgonzola. Gorgonzola a pranzo e a cena. Sì al bollito misto. Ok alle acciughe al verde. E la mattina appena svegli un bel bicchiere di bagna cauda. Fredda”.
da Col cavolo di Luciana Littizzetto
Il valore nutritivo delle melanzane (di qualsiasi varietà) non è consistente:
contengono infatti poche calorie e una bassa presenza di grassi,
proteine e glucidi.
Sono ricche di acqua, e quindi utili alla diuresi,
potassio, vitamina A e C,
fosforo, calcio, tannino e contengono pochi zuccheri.
ingredienti
1 melanzana,
2 peperoni,
2 zucchine,
3 carote,
½ cipolla,
2 rape (se grandi, altrimenti 5 piccole),
2 hg di zucca,
2 hg di cavolo nero o verza,
3 patate,
3 pelati o 5 cucchiai di passata rustica,
1 cucchiaio di brodo granulare o dado o preferibilmente brodo vegetale fatto in casa con cipolla, carota e sedano,
olio d’oliva,
qualche pizzico di sale,
peperoncino o tabasco rosso a piacere
preparazione
lavate e asciugate le verdure.
Tagliate in grossi pezzi (indicativamente 1,5 x 1,5 cm)
i peperoni, le melanzane, le zucchine, le rape, la zucca e
le patate e mettete in una padella capiente.
Sbucciate le carote,
tagliatele a rondelline e unite al resto.
Affettate a striscioline la cipolla e il cavolo (o la verza)
e
mescolate insieme agli altri ingredienti,
unendo l’olio
e la passata (o i pelati).
cottura
cuocete stufando con il coperchio; per evitare che le verdure attacchino
o si brucino,
aggiungete dell’acqua calda, massimo un bicchiere e ½ per volta
e mescolate con garbo.
A metà cottura dosate il dado, il sale e il peperoncino a vostro gusto;
nel caso in cui scegliate di usare il brodo fatto in casa, usatelo al posto dell’acqua calda.
Anche la cottura è soggettiva:
la cottura corretta prevede le carote non troppo molli e
le patate ben cotte,
la consistenza cremosa nell’insieme,
ma che lasci integro
il sapore di ciascun ingrediente.
Accompagnare a carne, pesce, uova o formaggi freschi.
salto di qualità: il segreto è preparare
il ragù di verdure
un giorno prima e lasciar ‘riposare’ per ventiquattro ore.
Questa pietanza è molto versatile:
eliminando le patate
otterrete un ottimo condimento
per la pasta;
aggiungendo i ceci,
potrete servire un cous cous vegetariano;
con ricotta, uova e pasta brisée
(meglio eliminare le patate in questo caso)
otterrete
una saporita torta di verdure.
https://www.biossport.it/wp-content/uploads/2022/03/bg_carote.jpg9491920marco zanettihttps://www.biossport.it/wp-content/uploads/2021/11/BIOSSPORT-02-300x124.pngmarco zanetti2022-03-19 17:43:392022-03-27 10:34:47RICETTE CON CAROTE TORTA E MELANZANE RAGU
Il cioccolato è un piacere che sfiora il sublime, e su questo sono tutti d’accordo, ma fa bene o male alla salute umana? La vexata quaestio sulle sue proprietà benefiche o sugli eventuali rischi risale al XVI secolo, quando gli Spagnoli importarono il cacao dal Messico. Esiste tutta una letteratura che racconta le fasi più salienti della disputa, ma a che punto siamo oggi? C’è chi ritiene che faccia ingrassare e causi disturbi fastidiosi, come colesterolo, carie, brufoli, orticaria e chi, invece, lo difende come antidepressivo e alleato contro le malattie cardiocircolatorie. Prevalgono i sostenitori o i detrattori?
Oggi probabilmente prevalgono i primi, sempre che si parli di un consumo sobrio dell’alimento e non si pensi ad un uso terapeutico del cacao, anche se oggi ci si imbatte in una vera giungla di prodotti farmacologici, dietetici e dedicati all’igiene del corpo, che hanno il cacao tra gli ingredienti. Gli effetti benefici si dovrebbero avere con un consumo quotidiano che si aggiri sui 30-60 g di cioccolato nero. Naturalmente si devono astenere dal consumarne color che sono in sovrappeso o che abbiano sviluppato un’allergia per l’alimento. Le donne in gravidanza possono consumarne ma con moderazione per non arrecare danni al feto, così come devono limitare l’assunzione di caffeina.
L’11 aprile 1999, nell’Aula Magna dell’Università di Pavia si tenne addirittura un bizzarro “Processo al Cioccolato”, messo in scena dal Rettorato dell’Ateneo e da Chococlub (Associazione Italiana Amatori Cioccolato). A favore dell’imputato, di fronte all’Alta Corte di Gola ed Accidia, avevano testimoniato nutrizionisti e accademici, che ne avevano ricostruito le vicende storico-letterarie e analizzato le proprietà chimico-fisiche e organolettiche. Memorabile l’incipit della Difesa: “Il cioccolato è divino, morbido, sensuale, profondo, nero, sontuoso, gratificante, potente, denso, cremoso, seducente, suggestivo, ricco, eccessivo, lucente, levigato, lussurioso, celestiale. Il cioccolato è rovina, gioia, piacere, amore, estasi, fantasia…”.
Il processo si concluse con assoluzione piena.
Al terzo posto nel mercato mondiale, dopo lo zucchero e il caffè, il cacao (Theobroma cacao L.) ha riscattato le sue proprietà nutrizionali. Negli anni, infatti, la ricerca scientifica internazionale ha dimostrato che è un alimento ricco di principi nutritivi, con proprietà che fanno bene all’organismo. Nfi (Nutrition Foundation of Italy, Centro studi dell’alimentazione) ha aperto un tavolo di discussione sul cioccolato facendo il punto in campo scientifico, nutrizionale e tecnologico. Il cioccolato è costituito principalmente da carboidrati, soprattutto zuccheri semplici, e da lipidi, questi ultimi rappresentati essenzialmente da acidi grassi saturi (ac. Palmitico, ac. Myristico, ac. Laurico e ac. Stearico, che ha un effetto colesterolemico neutrale; nel fondente e nel cacao non c’è colesterolo, contro i 16 mg/100 g del latte). Tra i sali minerali vi sono in buona quantità fosforo, potassio, calcio, magnesio e ferro.
L’attenzione si sta estendendo a tutte le 850 componenti del cacao (!) e le smentite dei luoghi comuni sono sorprendenti.
Basta fare una ricerca Medline in Pubmed (banca dati delle pubblicazioni mediche italiane) con le parole chiave “cioccolato e salute” per accorgersi di come stiano moltiplicandosi studi e ricerche sul tema. In particolare:
studi su cacao, cioccolato ed apparato cardiovascolare, sul ruolo dei polifenoli ed antiossidanti ed anti-invecchiamento del cacao;
studi sugli effetti anti-infiammatori dei flavonoidi (polifenoli e tannini) del cacao;
relazione con il rischio di sviluppare tumori e possibile effetto chemiopreventivo legato al consumo di cacao (mammella, vescica… in Annali of Oncology);
studi di selezione degli ibridi della pianta del cacao, agronomia e sicurezza alimentare (rischio salmonella ed ocratossina, per esempio…);
craving (letteralmente: appetizione compulsiva) e dipendenza psicologica da cacao, più “droga” che cibo per il “cioccodipendente”, che non riesce a controllarsi e deve assolutamente finire la scatola di cioccolatini appena iniziata.
Un rapido excursus tra gli effetti del cioccolato, in ordine alfabetico:
Cioccolato e allergie
I soggetti che soffrono già di allergie (asma, riniti, orticaria) possono essere suscettibili di reazioni allergiche da cioccolato, non tanto per il cacao quanto per via degli ingredienti che ad esso sono aggiunti, come nocciole, albume d’uovo ecc. In una scala decrescente di alimenti che possono scatenare reazioni allergiche il cacao viene dopo pesce, uova, crostacei, latte vaccino, sedano, fragole, leguminose, farina di grano, arachidi, carne di manzo e patate. Solo i produttori di cioccolato che rinunciano completamente a determinati ingredienti come nocciole, grano o latte di mucca possono garantire un cioccolato assolutamente innocuo per le persone allergiche.
Cioccolato e acne
È ormai noto che i regimi alimentari non giocano un ruolo primario nei pazienti affetti da acne. Il consumo del cioccolato clinicamente non influisce sull’evoluzione dell’acne e biologicamente non influisce sulla produzione del sebo, la cui variazione è dovuta soprattutto agli ormoni androgeni.
Cioccolato e amore
Cento grammi di cioccolata contengono circa 1 mg di feniletilamina, sostanza dagli effetti simili all’LSD, e la fenilalanina e tiroxina, che vengono utilizzate dal nostro organismo per produrre dopamina e noradrenalina, importanti mediatori del sistema nervoso centrale, in grado di indurre un senso di benessere.
I famosi poteri afrodisiaci del “cibo degli Dei” possono essere collegati alla feniletilamina, la stessa sostanza chimica che produce il cervello quando siamo innamorati, dandoci una sensazione di ebbrezza e felicità. Ne era convinto Giacomo Casanova che faceva recapitare alle dame da sedurre omaggi di cioccolata. Anche Gabriele d’Annunzio, grande amatore, prima di ogni incontro, si saziava di cioccolato fondente e l’imperatore Montezuma ne consumava fino a cinquanta tazze al giorno per soddisfare le donne del suo harem.
Cioccolato e capillari
I bioflavonoidi contenuti nel cioccolato favoriscono la circolazione sanguinea e migliorano l’elasticità delle pareti dei capillari[1].
Cioccolato e carie
La carie si sviluppa tramite l’azione dello Streptococcus Mutans, che determina la formazione della placca all’interno della quale gli zuccheri vengono trasformati in acidi e provocano la corrosione dello smalto. Ebbene, nonostante si pensi il contrario, il cioccolato fondente (che contiene meno zucchero) consumato moderatamente, possiede potere anticariogeno, grazie a tre sostanze: i tannini contenenti il 6% di polidrossifenolo, che inibisce lo sviluppo di batteri; il fluoro, presente nella concentrazione di 0.05 mg/100 g, che preserva i denti da processi cariogeni; i fosfati, che agiscono contro gli acidi formati dal metabolismo degli zuccheri[2].
Cioccolato e cefalea
Il cioccolato contiene la feniletilamina e la tiramina, che scatenano la cefalea in soggetti predisposti, per cui è possibile in teoria che il cioccolato possa provocare emicranie e altre forme di mal di testa, soprattutto se assunto in modo smodato.
Cioccolato e colesterolo
Uno studio condotto dai dietologi dell’Università della Pennsylvania sostiene che non solo non esiste traccia di colesterolo nel cacao e nel cioccolato fondente (mentre 100 g di cioccolato al latte contengono 16 mg di colesterolo), ma che addirittura il consumo quotidiano di 22 g di polvere di cacao o di 16 g di cioccolato fondente potrebbe ridurre il tasso di colesterolo nel sangue del 10%. La preoccupazione per l’alto contenuto in grasso saturo, dovuto alla presenza di acido stearico, non ha fondamento perché i trigliceridi stearici non sono assorbiti al pari degli altri grassi ma vengono escreti con le feci.
Cioccolato e cuore
Alcuni studi presentati a congressi scientifici hanno ipotizzato che alcune sostanze naturalmente presenti nel cacao, come i polifenoli (flavonoidi, epicatechine, proantociadine e tannini) possano aiutare a combattere il fenomeno dell’ossidazione e contribuire a difendere la salute di arterie e cuore.[3]
Sembra che il consumo moderato di cacao migliori la risposta vascolare nei fumatori.
Cioccolato e dieta
Il cioccolato è un alimento calorico per il suo contenuto di grassi e zuccheri e va consumato con moderazione. Una tavoletta di cioccolato fondente da 100 grammi fornisce 542 calorie, se è al latte le calorie salgono a 565. 100 grammi di pasta condita con pomodoro ed olio ne forniscono circa 470, una fetta media di torta al limone 416. Chi è stato a dieta sa la grande importanza psicologica di concedersi qualche piccola trasgressione per continuare con un regime ipocalorico. Un quadratino di cioccolato fondente fornisce le stesse calorie di una mela, ma dà tanto piacere e non solo al palato.
Cioccolato e digestione
Il cioccolato è un alimento facilmente digeribile, per cui può essere concesso tranquillamente ai bambini, sia pure non prima dei 2-3 anni. La durata di permanenza di 200 g di cioccolato nello stomaco è tra le più basse: da una a due ore al massimo, lo stesso tempo richiesto da acqua, te, caffè, vino e birra.
Cioccolato e dipendenza
Sembra che il cioccolato possa dare dipendenza, (viene chiamata cioccolismo per assonanza con alcoolismo), perché contiene sostanze come la caffeina, presente in modiche quantità, suscettibili di creare questo problema. Sicuramente crea dipendenza psicologica[4].
Cioccolato e invecchiamento
Alcuni polifenoli contenuti nel cacao avrebbero un effetto antiossidante.
Gli studi su questo argomento sono ancora in corso, ma sembra assodato che i polifenoli esercitino effetti antinvecchiamento sull’organismo e potenzino il sistema immunitario. A questo proposito è bene ricordare che la tazza di cioccolata va preparata, però, con pochissimo latte, che inibisce l’attività antiossidante.
Cioccolato e ipertensione
L’assunzione regolare di cibi contenenti cacao potrebbe abbassare la mortalità cardiovascolare[5]. Infatti si è osservato che alti dosaggi di cacao assunti per almeno due settimane migliorano la funzionalità endoteliale e riducono la pressione sanguigna, sempre grazie all’azione dei polifenoli. Alcuni ricercatori dell’Ospedale Universitario di Colonia, in Germania, nel 2007[6], hanno esaminato l’effetto di bassi dosaggi di cioccolato nero, ricco di polifenoli, sulla pressione sanguigna ed hanno rilevato che, dopo 18 settimane di somministrazione, la pressione si era abbassata moderatamente nei 44 soggetti esaminati, di età compresa tra 56 e 73 anni, 24 donne e 20 uomini, con preipertensione o ipertensione di stadio 1.
Cioccolato e memoria
Il cioccolato è un amico della nostra memoria. Contiene il doppio del fosforo rispetto al pesce, pari a 0,62 grammi per ogni etto, oltre ad avere tra i suoi componenti anche l’acido fenico che protegge le arterie dall’ispessimento. Inoltre le metilxantine, soprattutto la teobromina e la caffeina, tengono svegli, aumentano la concentrazione, migliorano le capacità intellettive, la facoltà di ricordare e la prontezza di riflessi.
Cioccolato e ossa
Il cioccolato, in particolare quello al latte, contiene un quantitativo di calcio, minerale fondamentale per la salute delle nostre ossa, quasi il doppio rispetto a latte e yogurt. Nel cioccolato, infatti, sono contenuti circa 263 mg di calcio per 100 g, mentre solo 119 mg nel latte e 125 mg nello yogurt.
Cioccolato e pelle
Recenti studi hanno sostenuto che il consumo di una tazza di cioccolata amaro protegge la pelle dai raggi Uv, migliorando lo stato di idratazione e prevenendo la comparsa di eritemi.
Cioccolato e stress
Il cioccolato è un alimento particolarmente adatto per chi svolge attività sportiva e per chi è sottoposto a stress emotivi. Infatti la teobromina e la caffeina agiscono sul sistema nervoso e a livello cardiovascolare e muscolare, aumentando la concentrazione mentale e la resistenza fisica. In tal senso, inoltre, agiscono anche la presenza rilevante di ferro, magnesio, fosforo, potassio, calcio e la bassa presenza di sodio.
Cioccolato e tosse
Secondo una recente ricerca del National Heart and Lung Institute (London) la teobromina, sarebbe molto efficace nel prevenire e curare la tosse. La teobromina, nei test condotti su 100 persone con la tosse, si è dimostrata, infatti, molto più efficace della tradizionale codeina, ingrediente “principe” dei più diffusi rimedi anti-tosse. Così, almeno, hanno dichiarato gli scienziati britannici[7].
Cioccolato e tumore
Le procianidine (molecole contenute nel cacao) proteggerebbero le cellule da degenerazioni tumorali, secondo una serie di test effettuati da scienziati della Georgetown University di Washington con una versione sintetica delle procianidrine (le GECGC), dai quali sembra emerso un effetto positivo su quattro tumori, in particolare in due varietà di cancro all’intestino, dove la sostanza è riuscita a rallentare del 50% la crescita tumorale[8]. Risultati interessanti in tal senso avrebbe ottenuto anche un gruppo di ricercatori della California University[9]..
Cioccolato e umore
“Il cioccolato favorisce il buon umore” non è soltanto lo slogan dei golosi, perché si basa su un fondamento scientifico. Infatti esso agisce da catalizzatore facilitando la produzione di beta-endorfine, ossia oppioidi prodotti naturalmente dal cervello, che agiscono in modo simile alla morfina, stimolando la sensazione di euforia ed attenuando il dolore. Contiene il triptofano, un aminoacido che stimola la produzione di serotonina, un neurotrasmettitore con azione inibitoria in grado di infondere calma e tranquillità.
Chi è ansioso e depresso, ma anche la donna nel periodo del ciclo mestruale, ricerca con maggiore frequenza qualcosa di dolce e spesso il cioccolato, forse anche per il fatto che in tale periodo si ha una significativa deficienza di magnesio, di cui il cioccolato è ricco.
Secondo alcuni ricercatori dell’Università di Helsinki, che hanno seguito durante la gestazione 300 donne in attesa, il consumo di cioccolato in gravidanza favorirebbe la serenità a la vivacità del nascituro.
E per concludere una curiosità: di fronte all’infuriare delle epidemie di vaiolo, nella Boston del ‘700, Benjamin Franklin consigliava di mangiare cioccolato, come raccontano due studiosi americani (cfr. Louis Evan Grivetti – Howard-Yana Shapiro, in “Chocolate. History, Culture and Heritage, Hardcover marzo 2009). Funzionerà anche per l’influenza aviaria o suina? Nel dubbio un quadretto di cioccolata ci terrà su il morale e non ci farà avere brutti pensieri…
[1] Hanno compiuto studi sui flavonoidi del cacao, tra glia altri, studiosi dell’Università di Dusseldorf, in Germania, della University Davis in California e della Harvard Medical School coordinati da Hagen Schroeter. Cfr. www.molecularlab.it
“Il cacao non favorisce la formazione di carie. Anzi alcuni studi fanno pensare che in esso siano presenti sostanze (i tannini) in grado di inibire la crescita batterica, di ridurre il processo di demineralizzazione che è alla base dello sviluppo della carie e di ridurre la formazione della placca” Cfr. Chiara Trombetti in www.humanitasgavazzeni.it
[3] 2000: congresso Società Europea di Cardiologia ad Amsterdam; 2003: studio dell’Istituto Nazionale Ricerca per gli Alimenti e la Nutrizione di Roma; 2005: ricerca condotta nell’ospedale Hippokration di Atene; 2007: studio di Roberto Corti dell’University Hospital di Zurigo.
[4] Il problema è noto da tempo: cfr. Weingarten HP, Elston D., 1971. Food cravings in a college population: A questionnaire study. Appetite 15, 167-175.